SKS Bukwai - Area Tematica
Il Ki ( 氣 ) e l'applicazione alle arti marziali
Il Settore Karate del Comitato Provinciale UsAcli della Provincia di Verona, nell’ambito del programma relativo alla stagione 2011/2012 e nell’ottica non solo di dare impulso al Settore, ma anche di dare la possibilità ai propri associati di conseguire qualifiche e Dan, ha istituito nuovi corsi tesi ad acquisire la qualifica di Istruttori di Karate. I soggetti interessati, con il possesso dei requisiti richiesti, dopo aver partecipato alle lezioni del corso Istruttori con la compilazione per ogni lezione di una scheda riassuntiva da sottoporre al giudizio del docente, devono presentare una tesi dattiloscritta di almeno 20 pagine, su argomento da definire, attraverso il nulla osta dell’apposita commissione.
L'argomento trattato in questa tesi (“Il ki e l’applicazione alle arti marziali”), pur non essendo ascrivibile perfettamente ad una specifica lezione svolta da uno dei docenti (requisito richiesto per la compilazione della tesi stessa), è sicuramente ed esplicitamente trasversale al corso, essendo presenti riferimenti al ki in molte delle impostazioni dei docenti. Personalmente ho “approfittato” di questa occasione per approfondire un argomento che ho incontrato nel mio cammino di praticante e che non sono mai riuscito ad affrontare e comprendere compiutamente. Con questa tesi ho voluto mettere le basi teoriche e trovare applicazioni esistenti, nella speranza che possa anche servire per una migliore pratica mia e per chi potesse essere interessato, anche non esclusivamente all’applicazione nel karate.
In questa tesi si vuole mettere a fuoco l’importanza del ki nelle arti marziali; di come solo la consapevolezza di questa energia possa davvero far fare un passo avanti nella comprensione dell’arte marziale intesa come via del Budo. Un’arte che tralasciasse quest’aspetto rischierebbe ben presto di finire nel pantano di un esagerato agonismo o di una lezioso perfezionismo formale, senza però che, dopo un certo livello, i suoi discepoli possano trarre ulteriori insegnamenti da una pratica costante e salutare. Con l’aiuto di alcuni studi si è cercato di capire che forma di energia sia quella che i maestri identificano col ki. Attraverso l’esempio di arti marziali diverse e maestri del passato e del presente si è analizzato come tale energia possa venire utilizzata per l’efficacia dell’arte. Infine si è abbozzata una ipotesi di allenamento finalizzata all’accrescimento della consapevolezza e dell’uso di tale energia. Si vuole infatti dimostrare come solo l’uso dell’energia che ne deriva possa concretizzare almeno tre obiettivi: 1) mantenere in buona salute l’atleta preservandolo anche dai cosiddetti traumi sportivi; 2) permettere una pratica efficace anche oltre una certa età; 3) consentire un perenne miglioramento e perfezionamento personale, al di là della tecnica.
La natura originaria dell’esistenza non può essere realmente colta dai nostri sensi, dalle nostre impressioni. Quando pensiamo che la sostanza del nostro spirito sia tale, cadiamo in errore. Ogni essere è diverso. I problemi della vita sono differenti per ognuno, e ognuno ha bisogno di mezzi diversi per risolverli. Dobbiamo dunque crearci un nostro metodo. Bisogna creare da noi stessi. Come creare la nostra vita qui e ora? Le arti marziali e lo Zen hanno in comune la creazione e la concentrazione dell’energia. Concentrandosi qui ed ora ed esternando la pura energia del nostro corpo, si può vedere oltre le illusioni dei sensi e ricaricarsi. Nelle arti marziali bisogna penetrare gli elementi, i fenomeni, non passarci a fianco. Nella nostra epoca tutti vogliono economizzare la propria energia e così vivono a metà. Si è sempre incompleti, tiepidi, senza fuoco. Bisogna imparare a penetrare la vita. Il segreto delle arti marziali consiste dunque nell’imparare a dirigere lo spirito. Lo spirito deve diventare la sostanza. Lo spirito è la sostanza senza forma, ma a volte assume una forma; quando lo spirito riempie il cosmo intero, allora può cogliere le occasioni, può attaccare diecimila cose in una sola. Durante un combattimento, il nostro spirito non deve lasciarsi influenzare da nessun movimento dell’avversario, da nessuna azione del suo corpo e della sua mente. Il nostro spirito deve sempre muoversi liberamente. Si deve essere totalmente concentrati, istante dopo istante. [Taisen Deshimaru]
Ma come spiegare intellettualmente a noi praticanti del III millennio questi concetti descritti in forma così poetica , ma così poco “occidentali”? Questo lavoro è l’umile e sicuramente incompleto tentativo di tradurre quanto appena esposto dal maestro Deshimaru, attraverso quanto finora appreso dal sottoscritto aspirante istruttore.